sabato 12 maggio 2012

Séraphine de Senlis

La donna che sussurrava ai quadri

Natalia Aspesi
La Repubblica 11 ottobre 2010

Sotto l'occupazione nazista, in Francia, morirono di stenti e abbandono migliaia ricoverati negli ospe­dali psichiatrici: tra loro c'era Séraphìne Louìs, e un suo qua­dro fiammeggiante, "l'albero rosso", occupa la copertina di un vecchio saggio che indaga su quella tragedia. La pittrice muore, dimenticata nel mani­comio di Clermont, probabil­mente di fame, (anche Antonin Artaud, ricoverato altrove per sindrome paranoica, scrive lo stesso anno, «Ho fame...»} la sera dell' 11 dicembre 1942. Ha 78 anni, e nei dieci di interna­mento, non ha mai più dipinto: lei che desiderava una bella pietra tombale con la scritta «Qui riposa Séraphine che non ha rivali, aspettando la sua feli­ce Resurrezione», viene sepolta nella fossa comune. Quei suoi lunghi anni ancora oscuri di sofferenza e abbandono, con­cludono una vita di privazione ed esaltazione pittorica: ma il troppo è troppo, anche nel ra­mo genio e follia, umile serva - grande artista, e si tende quindi ad accennarne frettolosamen­te, concentrandosi sul lato Cendrillon, il tempo in cui que­sta donna solitaria e scontrosa, povera e stramba, di giorno sfregava i pavimenti delle case dei notabili di Senlis, e di notte, a lume della lampada a petro­lio, dipingeva forsennatamen­te; su tavolette di legno, sot­traendo l'olio dei lumini in chiesa, usando terre e sangue dì animali e frutti come colori, cantando lodi alla Madonna che le aveva ordinato di diven­tare artista, bevendo abbon­danti goccetti di vino.
Nel 2008, all'improvviso, Séraphine de Senlis, che si era da­ta il nome della nobile città me­dioevale non lontana da Parigi in cui viveva, esce dall'oblio: una mostra dei suoi quadri al museo Maillol di Parigi, due biografie, De la peinture à la fo­lie di Alain Vircondelet (da noi conosciuto soprattutto per una biografia di Giovanni Paolo II),e Sèraphine, la vita sognata di Séraphine de Senlis, della psi­canalista e artista Françoise Cloarec, che ha scritto anche di Camille Claudel, un'altra arti­sta, contemporanea di Sé­raphine, pure lei morta in ma­nicomio: e un film, Séraphine, di Martin Provost, 7 premi Cé­sar compreso quello alla sua protagonista, la geniale Yolan­de Moreau. Dopo due anni di dubbi, (un libro che parla di una pittrice a noi sconosciuta, un film su un avecchia via di te­sta e senza una storia d'amore?) in Italia finalmente si osa, e ar­rivano contemporaneamente il film di Provost (da122 ottobre) e il libro della Cloarec (Archin­to, pagine 182, euro 12, dal 27 ottobre).
Il film raccontala vita chiusa di questa donna semplice, nata contadina nel 1864, intrisa di fede, votata a lavare i panni nel­le acque gelide del fiume e a sgrassare le pentole degli altri, invisibile nelle case dei padroni , che si immerge nella gran­diosa natura come in un suo privato regno segreto. Quelle sue sensazioni, e quella sua fe­licità, e l'inespressa superbia, e la silenziosa follia, li riversa nel­le sue tavole: mai decorative, mai domestiche, mai graziose: non un volto, non un corpo, non un oggetto, non un paesag­gio, ma intrichi di fiori minac­ciosi, di frutti che paiono avere occhi nemici, di foglie che ser­peggiano annunciando peri­coli, di alberi che nascondono chissà quali atrocità. Allucina­zioni, tribolazioni, incubi, rive­lazioni. Provost vuole mante­nere speranza e bellezza e non allarmare lo spettatore, perciò termina il suo incantevole film prima che l'orrore travolga Sé­raphine. La donna è sì nell'o­spedale psichiatrico, ma in una linda cameretta, conce fosse in un sogno: le sbarre si aprono su un giardino sconfinato, lei lo percorre lentamente e si ferma, lontana, sotto un grande albe­ro, finalmente pacificata. Cloa­rec invece non teme di accom­pagnare il lettore oltre la soglia della follia, o di quella che co­munque fu ritenuta tale dai medici nel marzo del '32: «Af­fetta da psicosi cronica con ma­nie di grandezza; è un'artista pittrice; deve andare in Spagna per sposarsi con un ex capitano - Delirio di persecuzione: vele­no, topicida, un notaio vuole abusare di lei... Allucinazioni uditive: sente la voce della so­rella morta, di Dio e della Ma­donna... Da ricoverare».
In questa vita desolata, è en­trato da tempo un personaggio importante, il collezionista te­desco Wilhelm Uhde: ènato nel 1874, dieci anni dopo Seraphi­ne, vive a Parigi dal 1904. Di lui, interpretato da Ulrich Tukur, il film racconta soltanto l'incon­tro con la serva Séraphine, mentre il libro di Fran~oise Cloarec ricorda l'intensa av­ventura della sua vita. È per esempio il primo a comprare, nel 1905, un quadro dello sco­nosciuto Picasso, il piccolo nu­do di una donna dai capelli gial­li. Per pochi franchi compra Braque, Dufy, Derain, Vla­minck, Puy, Picasso gli fa un ri­tratto, organizza la prima mo­stra del Doganiere Rousseau. È omosessuale, ma nel 1908 spo­sa una geniale ragazza russa, Sonia Terka le nozze non vengo­no consumate e dopo un anno lei se ne va, diventando, col cognome del nuovo marito, pure lui pittore, Sonia Delaunay. Nel 1912 Uhde si rifugia a Senlis per scrivere, in una casa dove si muove silenziosa una domesti­ca che si chiama Séraphine. «Ignoravo.... che in quel luogo il cuore santificato di una serva sentiva la vocazione di resusci­tare il Sublime del Medio Evo e creare opere potenti impre­gnate di spirito gotico...». Fi­nalmente la serva ha trovato chi crede al suo talento di artista, ma con la guerra mondiale, la prima, il tedesco deve lasciare la Francia, e la sua ricca colle­zione di capolavori verrà confi­scata e dispersa. Uhde torna nel 1924 con la sorella Anne-Marie e il giovane amante pittore, Helmut Kolle: con il suo aiuto la strana silenziosa artista di pro­vincia sta diventando una cele­brità anche a Parigi. Séraphine è sempre stata povera, ignora­ta, ma c'erano le voci della Ma­donna e la meravigliosa natura a illuminare la sua invisibilità e sottomissione, a spingerla a di­pingere tutti quei doni segreti. Quando il mondo la scopre, e comincia a darle fama e dena­ro, le voci si attenuano, l'amata natura si offusca, e il suo fragile equilibrio si sfalda del tutto. Il dolore e la libertàl a spingevano a dipingere, il delirio e lo sbriga­tivo internamento spengono per sempre il suo talento.