sabato 13 dicembre 2014

Tatzelwurm

Il Tatzelwurm è una creatura leggendaria dell'arco alpino, descritta come un lucertolone con quattro o due sole zampe corte e la coda tozza. Nell'area di lingua tedesca animali descritti in questo modo sono conosciuti anche con altri nomi, come bergstutz, stollwurm (o stollenwurm), spingwurm. In Sardegna una descrizione simile fu raccolta dal naturalista Francesco Cetti per un essere chiamato scultone.
Al tatzelwurm è talora attribuita la capacità di recare danni e persino di uccidere con lo sguardo, il fiato e l'odore.






venerdì 5 dicembre 2014

Favolosi Indoeuropei

Con la scoperta delle analogie strutturali tra Sanscrito, Greco e la maggioranza delle lingue europee fu giocoforza postulare una radice comune.
Nacquero così gli Indoeuropei, popolo conquistatore che da un punto di partenza imprecisato avrebbe dilagato nella penisola indiana, per poi penetrare in Europa.
Era, per l'appunto, un postulato, come il quark nella fisica del 900, un punto d'appoggio mentale, a prescindere dalla sua esistenza reale, per far tornare i calcoli.
Sulla lingua di questi fantasmi indoeuropei si sono scritte grammatiche comparative (Benveniste) e allo stesso modo, lo strutturalismo ne ha ricostruito i miti di fondazione (Dumezil), desumendoli dalla comparazione degli analoghi miti delle diverse civiltà.
Fu dunque un'ipotesi di ricerca molto feconda sul piano scientifico, anche se non mancò di effetti collaterali nocivi.
Gli Indoeuropei si prestarono infatti, loro malgrado, a fondare storicamente le teorie dell'arianesimo e i loro razzistici correlati.
Giunge ora un libro a fare il punto sulla questione: 
Jean-Paul Demoule, Mais où sont passés les Indo-Européens ? Le mythe d'origine de l'Occident, Seuil, 2014, pp. 752, € 27. 
Il libro, di impressionante erudizione, non lascia dubbi: della reale esistenza storica di questo popolo non v'è alcuna traccia.
Ci sono, invece, elementi sufficienti per ipotizzare che questo mito di fondazione dell'Occidente sia stato molto utile per nascondere le origini ebraiche della nostra civiltà.
Non è il primo libro che tenta di decostruire la narrazione delle origini ariane dell'Occidente. Il tentativo che fece più scalpore fu, qualche anno fa,l' Atena Nera del recentemente scomparso Martin Bernal.
Ma prima ancora, vi aveva provato il senegalese Cheikh Anta Diop






Ma torniamo al libro di Demoule, che oggi, giustamente, campeggia sulla prima pagina del supplemento letterario di Le Monde, e che minaccia di far scalpore
I Francesi, a quanto pare, sanno ancora vendere bene le loro idee, a differenza di noi Italiani.




Perché a conclusioni molto simili a quelle di Demoule, ci era già arrivato, con una decina d'anni d'anticipo, il nostro Giovanni Semerano

Filologo estraneo all'accademia (scomparso nel 2005, lavorò tutta la vita alla Biblioteca Nazionale di Firenze), Semerano fu anche autore di una monumentale opera in due volumi edita da Olschki, Le origini della cultura europea. Il secondo volume della quale è un dizionario etimologico in due tomi (  Basi semitiche delle lingue indeuropee. Tomo I: Dizionario della lingua greca; tomo II: Dizionario della lingua latina e di voci moderne).

Sulla base dei suoi studi linguistici, Semerano giunse a rifiutare la traduzione comunemente accettata dell'apeiron di Anassimandro come indefinito - concetto effettivamente troppo avanzato per il VI secolo avanti Cristo - proponendo un più concreto polvere, vale a dire, terra.
In tal modo questo elemento, che seguiva l'acqua di Talete e precedeva l'aria di Anassimene avrebbe completato, insieme al fuoco di Eraclito la tetrade classica.

Era una prospettiva stimolante, ma troppo sopra le righe per la provinciale comunità scientifica italiana, che apprezza le buone idee solo quando sono tradotte dall'inglese.
A Semerano fu dunque destinata la marginalità acconcia a un pensatore bizzarro e la maggior parte delle sue opere fu pubblicata in articulo mortis.